La mancanza per l’intero mese di luglio di un attaccante di ruolo, al di là del pur ottimo ma giovanissimo Esposito, ha determinato una incompletezza visiva e percettiva dei principi che intende seguire la nuova Inter di Antonio Conte. Tanto più che nelle passate esperienze dell’allenatore salentino gli attaccanti hanno sempre ricoperto un ruolo determinante non soltanto in fase di finalizzazione, ma, più compiutamente, all’interno del sistema di gioco, come pedine fondamentali nello svolgimento del piano tattico preparato.
Gli eletti, è cosa nota, sono sempre stati Edin Dzeko e Romelu Lukaku.
L’8 Agosto, dopo una trattativa complessa e resa intricata dall’inserimento apparentemente decisivo in un primo momento della Juventus, Romelu Lukaku diventa ufficialmente il nuovo attaccante dell’Inter.
🚨 | BIG ANNOUNCEMENT@RomeluLukaku9 è un giocatore dell’Inter! 🇧🇪⚫🔵
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— Inter (@Inter) August 8, 2019
Gli esordi
Descrivere e raccontare di Lukaku è proposito piuttosto complesso perché il belga è un giocatore originalmente particolare, di difficile standardizzazione si potrebbe dire; e perché, come molti giocatori nell’arco della propria carriera, ha a sua volta vissuto diverse vite calcistiche e differenti interpretazioni di sé stesso.
Il primo elemento della sua originalità è l’età. Nonostante si senta parlare e si legga di Lukaku da ormai una decina d’anni, soprattutto per chi segue il calcio con quella punta di ossessione che trasforma una passione in patologia, il calciatore belga ha solo 26 anni. Il debutto nel calcio professionistico con la maglia del suo Anderlecht risale al 24 maggio 2009, poco dopo aver firmato il primo contratto da professionista non appena compiuti 16 anni.
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La prima rete ufficiale di Romelu Lukaku con la maglia dell’Anderlecht.
Lukaku è, da subito, giocatore devastante ed inizia immediatamente ad attirare le attenzioni dei più importanti club d’Europa. La prima impressione che suscita quando lo si vede giocare, soprattutto in Belgio, è molto simile a quello che si prova vedendo una partita di calcio giovanile, quando uno dei ragazzi, nettamente più formato e sviluppato degli altri suoi coetanei, risulta dominante anche solo per presenza in campo. Lo stesso si può dire per Romelu, che però dei giocatori in campo è tendenzialmente il più piccolo d’età.
A questo dominio fisico e atletico Lukaku aggiunge una progressione impressionante se si considera la sua stazza, che lo rende molto difficilmente contrastabile quando lanciato in campo aperto.
Queste descritte sono, soprattutto, caratteristiche che lo definiscono come una prima punta (come vedremo con almeno un paio di asterischi alla definizione classica), e questo è in effetti il ruolo nel quale debutta e si afferma nel calcio Europeo, fino ad arrivare, a soli 18 anni, nell’agosto 2011, al Chelsea di Abramovich per 15 milioni di euro.
Il passaggio al Chelsea dove, di fatto, Lukaku non giocherà mai, segna ovviamente una svolta nella carriera del giocatore, che entra nel calcio inglese da attaccante apparentemente perfetto (e potenziabile), per stazza e fisicità, per il classico calcio d’Oltremanica.
Caratteristiche originali
È proprio in questa fase che si innesca un primo cortocircuito interpretativo riguardo l’attaccante-Lukaku, anche in seguito al passaggio al Chelsea, che aveva iniziato a guardarsi intorno per individuare un prossimo erede di Didier Drogba: il primo accostamento che l’opinione pubblica fa per il belga è proprio riferito all’attaccante ivoriano.
In questo c’è probabilmente anche un velato inconscio giudizio (o pre-giudizio) legato alle sue origini. Lukaku rappresenta lo stereotipo perfetto del grande e grosso atleta nero, tutto forza e muscoli, un po’ come più o meno due lustri prima era stato per lo stesso Drogba, soprattutto durante la cavalcata del suo Marsiglia durante la Coppa Uefa del 2003/04 che lo aveva consacrato all’opinione pubblica calcistica di tutto il mondo (e che gli interisti ormai non più giovanissimi ricordano bene).
Problematica, questa delle origini di Lukaku, che egli stesso descrive in una intervista in cui racconta del modo in cui lo si considera nel suo stesso paese, il Belgio.
So sempre quando ho giocato bene, o male, in Nazionale, mi basta guardare la tv o leggere le pagine sportive il giorno dopo. Nel primo caso scrivono “Lukaku, attaccante belga”, ma se non va tanto bene, preferiscono “Lukaku, attaccante di origine congolese”
(Romelu Lukaku)
— Michele Dalai (@micheledalai) August 8, 2019
Lukaku, in realtà, non ama giocare da centravanti-boa e ha dimostrato di non avere, soprattutto nell’ultima stagione al Manchester United, le capacità per svolgere il ruolo del centravanti classico, alla Drogba.
Possiede, infatti, una buona tecnica di base, per quanto non eccelsa, ma pecca in alcuni fondamentali, soprattutto il controllo nello stretto, che risultano essenziali per un gioco in area e/o spalle alla porta, tipico del centravanti classico, riferimento assoluto per tutta la squadra. Al contrario, Lukaku preferisce svariare molto su tutto il fronte offensivo, anche lontano dall’area, sfruttando la grande mobilità che ha (a dispetto della stazza), nel tentativo di trovare il fraseggio corto, ma non troppo nello stretto, soprattutto con gli intermedi e gli esterni di parte, e quindi costruirsi lo spazio attraverso il dialogo per partire in progressione e puntare la porta. È proprio quando riesce a sprigionare questo mix di velocità nella progressione, potenza e forza che diventa un giocatore difficilmente arginabile per qualunque difensore. Queste caratteristiche gli hanno consentito di fare la differenza in un campionato caratterizzato da una fisicità diffusa come la Premier League. Si può facilmente immaginare come, in un contesto come quello italiano, se sarà bravo lui (e la squadra), a trovare i giusti spazi e mettersi nelle condizioni di poter essere sfruttato al meglio, possa diventare un giocatore potenzialmente devastante.
Oltre il gol
La grande mobilità racconta anche di un suo importante valore aggiunto rispetto al più classico apporto offensivo, tra i fattori che probabilmente hanno così fermamente convinto Antonio Conte a volere il giocatore, già dai tempi del Chelsea. Lukaku risulta infatti molto efficace anche quando la sua squadra si trova senza il possesso del pallone, sul primo pressing, particolarmente utile contro formazioni che costruiscono dal basso.
Questa qualità si innesta molto bene con uno dei principi emersi durante questa prima estate “contiana”: la ricerca di un immediato recupero del pallone coinvolgendo tutta la squadra, idea che si è già positivamente osservata durante le amichevoli più importanti dell’Inter, almeno per alcune fasi delle partite, ma che chiaramente è risultata incompleta nella sua applicazione per l’assenza degli uomini offensivi.
Per entrambi (Icardi e Lukaku) una stagione sotto media dal punto di vista realizzativo ma sufficiente per evidenziarne le diversità. Sulla scelta del belga pesa la forte efficacia nelle prime fasi del pressing sottolineata da azioni difensive riuscite e duelli difensivi vinti. pic.twitter.com/7cO92BCUBV
— CalcioDatato (@CalcioDatato) June 30, 2019
Il quadro che emerge, differentemente da quello che potrebbe essere il pensiero comune, è quindi quello originalissimo di un centravanti atipico, quasi per caratteristiche una seconda punta nel fisico (imponente) di un nove classico. A sostegno di questa lettura ci sono in particolare due situazioni concrete. Alla più recente si è già fatto riferimento, l’ultimo anno in uno United a dire il vero nel complesso molto poco brillante.
Mourinho per carenze di rosa o per una sorta di convincimento quasi autonegazionista ha utilizzato Lukaku proprio come unico e statico riferimento avanzato nel quadro di un gioco tendente alla rinuncia e alla passività.
L’attaccante si è spesso trovato a dover battagliare corpo a corpo con i difensori avversari, quasi sempre partendo da fermo e spalle alla porta, incappando in errori tecnici anche molto banali diventati oggetto di numerosi video irrisori. Questa esperienza ha messo in evidenza anche un’altra delle lacune che portano Lukaku a non adattarsi a questo tipo di gioco: l’incapacità di inventare la giocata, specie se sotto pressione. Il belga predilige invece un sistema nel quale lo svolgimento sia noto e che gli consenta di prevedere cosa fare senza improvvisare al momento.
Nonostante, dunque, una delle peggiori stagioni dell’attaccante belga dal suo arrivo in Inghilterra, costellata da un impiego piuttosto limitato nella seconda parte di stagione con Solskjaer in panchina, i numeri di Lukaku, se paragonato ai colleghi inglesi ed europei, sono complessivamente di tutto rispetto, soprattutto se combinati con i numeri delle giocate relative alla fase difensiva, qualità già osservata precedentemente.
Lukaku vs centravanti della Premier (18/19, p90):
▪️3° per % di drb riusciti (77.4%)
▪️6° per % di duelli aerei vinti (45.3%)
▪️22° per n° di tiri (2.17)
▪️8° per xG (0.47)
▪️6° per gol (0.46)
▪️5° per % di tiri in gol (21.43%)Lukaku vs centravanti d’Europa 👇 pic.twitter.com/VWoW6iSQNI
— CalcioDatato (@CalcioDatato) June 28, 2019
Ricordando che il giocatore ha solo 26 anni, e quindi ampi margini di miglioramento, a parte tornare ad utilizzarlo per quelle che sono le sue caratteristiche, sfruttandone le qualità migliori, il focus principale su cui lavorare sembra poter essere l’assistenza ai compagni in fase di finalizzazione; gli unici numeri sotto media riguardano infatti i passaggi verso l’area di rigore, gli assist e in generale la partecipazione alla produzione offensiva, riscontrabile negli expected Assist (xA).
Insieme a questo, un generico e approfondito lavoro sulla parte tattica, quale sicuramente sarà quello di Conte, potrebbe offrire ulteriori e notevoli margini di miglioramento per un giocatore ormai piuttosto assuefatto ai dogmi e al gusto del calcio inglese, che lo ha visto protagonista per gran parte della sua carriera, ma che probabilmente ne ha anche rappresentato un orizzonte di crescita un po’ limitato sul piano tattico.
L’altro esempio della originalità di questo attaccante riguarda l’esperienza in nazionale con il Belgio; per sfruttare uno Dries Mertens in stato di grazia, proveniente da una superlativa stagione a Napoli da punta centrale con Sarri in panchina, Lukaku è stato più volte impiegato largo, partendo da sinistra per poi accentrarsi. Non è questo chiaramente il suo ruolo naturale, né va considerato come un impiego statico da ala. La sua capacità di partire lontano, svariare e cercarsi palla e posizione, in un movimento a tagliare verso l’interno del campo sono però dei chiari indicatori di quanto, a dispetto delle apparenze, Lukaku sia piuttosto lontano dall’essere il classico nove che generalmente si può pensare.
Chi con Lukaku?
Proprio l’osservazione di quanto avvenuto con la maglia dei Diavoli Rossi Belgi ci porta a fare una ultima riflessione su quale possa essere il compagno migliore per Lukaku, considerando che l’Inter sta ancora cercando sul mercato l’uomo giusto che possa completare il reparto offensivo.
Quando si è iniziato questo pezzo era convincimento piuttosto diffuso che l’altro acquisto offensivo dell’Inter sarebbe stato Edin Dzeko. Fuori da qualsiasi considerazione strettamente di mercato che includa valutazioni economiche, stipendi, durate di contratto ed anche età dei giocatori, ma in esclusivo riferimento alle più squisite caratteristiche e qualità tecniche, la scelta del bosniaco sembrava essere ideale per completare un duo offensivo che si integrasse alla perfezione. Dzeko è, infatti, tutto quello che si è detto mancare a Lukaku. Giocatore di classe superiore, un nove che è quasi un dieci (come abbiamo avuto modo di raccontare in occasione di Inter – Roma), per capacità di pulire il pallone e rifinire l’azione, di farsi vedere e rappresentare l’approdo sicuro della manovra dei compagni, nonché di metterli nelle condizioni ideali per concludere a rete; caratteristiche alle quali unisce anche una ottima vena realizzativa, con la capacità di finalizzare in tutti i modi, come riscontrabile da questo confronto con lo stesso Lukaku e Icardi, con il quale ha segnato negli ultimi 3 anni quasi lo stesso numero di reti.
Considerando le statistiche degli ultimi 4 campionati dei 3 attaccanti protagonisti dell’estate nerazzurra, #Lukaku é quello con la piú alta Goal Efficiency: 1.20 vs 1.19 (#Icardi) vs 0.83 (#Dzeko). pic.twitter.com/XgrikuDaK2
— CalcioDatato (@CalcioDatato) August 8, 2019
Nell’idea originale, dunque, il duo Dzeko/Lautaro doveva rappresentare il complemento tecnico dell’attaccante belga. Sappiamo ormai che Dzeko non si muoverà da Roma e, fermo restando Lautaro e le sue qualità nello stretto che ben si adattano a quanto detto finora, rimane evidente come sia necessario un ulteriore attaccante per affrontare l’intera stagione. Riprendendo l’esperienza con la nazionale belga, assunto che il modulo sarà differente e che nessuno immagina un Lukaku largo nell’Inter, l’opzione che porta ad Alexis Sanchez potrebbe davvero essere, oltre che un innesto di assoluta qualità per l’intera squadra, una soluzione ideale per definire una coppia offensiva completa e che possa offrire soluzioni molteplici e variegate anche all’interno della stessa partita. Meno forza fisica nel tandem di quanto sarebbe stato con il bosniaco ovviamente, ma una ottima integrabilità tra le caratteristiche eterogenee dei due.
Indipendentemente da quello che sarà l’ulteriore attaccante, Conte si ritrova finalmente con a disposizione l’oggetto tanto agognato dei sui desideri; ha sicuramente avuto tempo e modo di immaginare e pensare alle strategie migliori per sfruttarne al massimo le qualità e per metterlo nelle condizioni di rendere al meglio. Soprattutto, Lukaku sembra realmente entusiasta e voglioso di dimostrare le sue qualità e confermarsi ad alti livelli. Di esprimere, in definitiva, tutta la sua potenza.
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