Fantastico scrivere dopo un 4 – 0 comodo, in pantofole, pregustando già il weekend dall’ufficio. Non credo per noi sia così semplice spiegare, dopo tanto tempo, un passaggio del turno in carrozza o comunque un esito atteso senza particolari tensioni o riflessi inficianti la sfera emozionale e la salute cardiaca.
Il turno conclusosi ieri è stato abbastanza anomalo per la storia recente dell’Inter: compattezza, lucidità, costanza e tranquillità nella gestione di un turno andata/ritorno, complice un modestissimo Rapid Vienna, è passato in sordina rispetto ai più appetibili, recenti casi mediatici. Inoltre, si è vista una propensione alla gestione della gara per tutto l’arco dei 90 minuti; non a caso un gol di Politano al minuto 87 ha messo in risalto una situazione importante di possesso.
Vero, una situazione analizzata dopo l’andamento blando della gara nella sua parte finale non è un indice di esaltazione, ma nemmeno si era abituati alla proposizione della propria superiorità tecnica per l’intera partita. C’è stata voglia di continuare a consolidare il ruolino di marcia da due settimane avviato; c’era voglia per tanti di confermare mezzi tecnici ed atletici in fase di espansione, dopo la flessione del mese di gennaio; c’era voglia di essere padroni di tutte le sezioni del campo: c’era parecchia voglia.
Per una squadra che accende e spegne l’interruttore dell’attenzione durante la partita stessa, è un buon balzo in avanti, soprattutto a margine di un cammino che, dagli ottavi, sarà sicuramente meno agevole, includendo tra i rischi due compagini come Krasnodar e Rennes che hanno fatto fuori rispettivamente Bayer Leverkusen e Betis Siviglia, entrambe attese alla fase successiva da pronostico.
Si è inoltre svelata l’intuizione di Luciano Spalletti: “Ranocchia quelle giocate le ha nelle corde” direbbe lui stesso dopo averlo posizionato punta centrale nell’arrembaggio in casa contro il Bologna – mossa dall’esito non positivo – e dopo il gol di ieri; una bella conferma per un ragazzo che in questi anni, nonostante non abbia atteso pienamente le premesse della sua carriera e non sia potuto crescere in un ambiente maggiormente stabile, ha sempre lavorato professionalmente e, da due anni, risponde sempre presente e con sicurezza al ruolo di sostituto della coppia De Vrij – Skriniar, che solamente un pazzo sentirebbe di scomporre.
Anche il sig. Cédric Ricardo Alves Soares ha avuto la sua parte, disimpegnandosi in maniera egregia contro avversari spesso fisicamente più forti di lui; così come il resto della squadra, ha mantenuto un livello di intensità che ha consentito di applicare tranquillamente le idee di gioco senza troppa frenesia – spesso un bel problema per lo sviluppo delle manovre di gioco. Una frenesia che Candreva conosce bene: a volte sembra scorgere nel suo approccio alle situazioni di gioco una mancanza di pace che spesso lo costringe alla scelta meno indicata, seppur la sua prestazione di ieri non sia da considerare insufficiente.
Perisic e Nainggolan, dopo aver passato evidentemente un Natale non proprio tranquillo, sono rientrati sui binari del sacrificio e della costanza, qualità che li ha sempre contraddistinti durante le rispettive carriere altrove. Ottime giocate condite con gol per il primo, ottimi movimenti e presenza in mezzo al campo per il secondo, a supportare un Lautaro a cui è mancato il gol ma sicuramente non la fame.
Brozović e Vecino sono stati custodi della zona centrale del campo, in una misura tale da concedere al secondo opportunità di inserimento che hanno fruttato il gol di apertura. Sufficienti i subentranti Borja Valero e Miranda, ottimo Politano che ha trovato il gol descritto sopra con supporto grafico.
Molti si abbandonerebbero al giudizio semplicistico di una partita senza troppi ostacoli, di un turno agevole, di un lavoro nella norma. Vero, il Rapid Vienna non era sicuramente l’avversario temibilissimo di questi sedicesimi, ma acquisire continuità di pensiero nella consapevolezza dei propri mezzi è cosa non banale.
Anche per il nostro cardiologo.