La risposta che si attendeva dopo la prestazione dello scorso martedì in Champions League con lo Slavia Praga è arrivata, ed è arrivata in un derby che aveva tutti i motivi per essere un banco di prova sotto tanti aspetti. Il primo, quello emozionale e comportamentale: la reazione alla “mollezza” che è durata ben 80 minuti nella partita di Champions è stata sostituita da un consapevole controllo della gara, in cui lo stato di percezione sulla fiducia espressa dai giocatori è stato atteso e ciascun interprete dell’Inter è rimasto nel contesto-gara anche quando il Milan ha provato a dominare il gioco. Il secondo fattore, quello tattico: i movimenti senza palla, l’atteggiamento in possesso e la reattività nelle transizioni hanno mostrato qualcosa di diverso; sarebbe eccessivo pensare che l’assimilazione di un nuovo sistema avvenga in tempi più brevi e modalità più semplici, se si pensa soprattutto alla nuova vita di Godin da terzo a destra di difesa e l’adattamento di Skriniar a 3 in una zona di campo che dal punto di vista tecnico comporta differente coordinazione posturale in fase di impostazione e di contenimento (il piede “forte” della colonna slovacca è il destro); seppur dopo la serata di ieri è chiaro che la squadra sia tornata sulla carreggiata ben tracciata prima dell’esordio in coppa. Il terzo aspetto è legato alla leadership di ogni singolo: il terzetto della prima linea ha mostrato una padronanza territoriale ed una lucidità d’esecuzione che ha costruito la base della fiducia per il resto della squadra e a fruirne è stato soprattutto Barella, alla sua prima, vera prestazione convincente con la maglia dell’Inter.
La partita
Il sistema di partenza dell’Inter è l’ormai consueto 3-5-2 che Antonio Conte ha iniziato a impostare sin da quando è subentrato a Luciano Spalletti sulla panchina dell’Inter. Godin prende il posto di D’Ambrosio nel terzetto della prima linea, che a sua volta si sostituisce a Candreva, su cui l’allenatore salentino non ha voluto correre rischi dovuti all’infortunio di martedì scorso, seppur sia subentrato in fase finale e colpito anche un palo. Brozovic crea un diamante con la prima linea, fornendo la prima verticale per De Vrij, che ha sfoderato una prestazione di altissimo livello mostrando sicurezza sia nei passaggi corti che in traccianti verticali e lanci diagonali – ieri sera ha registrato il 95% di precisione nei passaggi – verso la fascia opposta a favore di Asamoah, spesso libero e con diversi metri in avanti per condurre un 1 vs 1 sulla fascia sinistra.
L’Inter ha occupato il campo creando densità per le vie centrali, come già visto anche nelle uscite precedenti, ed occupando i corridoi esterni con Asamoah e D’Ambrosio alti sulla trequarti avversaria, come si può evincere dall’immagine sottostante. Dalla stessa foto, si evince la disposizione del Milan che nei primi minuti ha condotto un pressing a uomo per ostacolare l’uscita del pallone dalla retrovie da parte dei neroazzurri.
Nicolò Barella, come esaminato già in fase di approdo in squadra, è stato di ausilio nella creazione di superiorità numerica sul lato destro in supporto a D’Ambrosio, spesso però pareggiati dal raddoppio da parte dei giocatori del Milan nel primo tempo in fase di possesso. Stefano Sensi ha agito sui mezzi spazi di sinistra, fornendo un’opportunità in appoggio sia per Asamoah per quanto riguarda la fascia laterale, sia per le punte, più frequentemente Lautaro in quanto posizionalmente più vicino rispetto a Lukaku che ha svariato di più rispetto alla punta argentina.
De Vrij, come anticipato, è risultato il primo vero fulcro del gioco, a cui si aggiungono i punti di riferimento creati da Brozovic in prossimità del rombo basso creato per facilitare la risalita della palla e dal raccordo di Sensi, che ha assunto una posizione più decentrata in supporto ad Asamoah.

Decisamente migliori i movimenti di Lautaro Martinez e Romelu Lukaku rispetto alle ultime uscite, che sono riusciti in maniera più efficace sia nell’appoggio ai centrocampisti in supporto della manovra, sia nell’occupazione della parte centrale nell’ultimo quarto di campo.

Dopo gli ingressi di Vecino, Politano e Candreva nel secondo tempo, l’Inter si è schierata con un 5-4-1, abbassando il suo baricentro rispetto alla prima frazione di gara e aumentandone l’ampiezza; giovandone dunque sulle corsie laterali in fase di transizione positiva, che hanno portato ai due legni di Politano (traversa dopo un uno-due con Lukaku a fare da sponda) e Candreva in corsa su lancio dalle retrovie (tiro sul primo palo che, dopo aver baciato il legno, ha tracciato la sua traiettoria sulla linea di porta per poi rientrare in gioco).
In fase di non possesso i nerazzurri hanno condotto un pressing migliore rispetto a quanto visto sia nella scorsa gara contro l’Udinese sia contro lo Slavia Praga, con una prossimità 1 a 1 con l’avversario, quindi una marcatura a uomo soprattutto nei corridoi centrali, come si può evincere dall’immagine sottostante, e gli esterni pronti alla marcatura sulla ricezione avversaria.
La squadra è risultata compatta sia in fase di possesso che in fase di non possesso, con un baricentro più alto nel primo tempo rispetto al secondo. La gestione delle transizioni sia negative che positive è risultata migliore soprattutto a margine di minori pause da parte dei singoli, in riferimento soprattutto a Barella che è cresciuto con il passare dei minuti per quanto riguarda l’apporto in fase di riconquista e prima impostazione nella transizione positiva, fornendo una continuità con la prestazione incisiva degli ultimi minuti di Champions.
In termini di xG prodotti, l’Inter ha prevalso per tutta la partita come è facile riscontrare dal grafico sottostante, in cui sono mostrate le linee di trend rispetto ai gol attesi, con la linea dell’Inter superiore a quella del Milan per i restanti minuti della partita oltre il primo quarto di gara. Gol attesi per 1,70 rispetto agli 0,88 del Milan raccontano in maniera coerente l’andamento della partita.
Il Milan è risultato realmente pericoloso troppo tardi, colpendo un palo in fase finale con Theo Hernández e nell’ultima azione prima del fischio finale, in cui non è stata capitalizzata l’unica sbavatura di tutta la gara di Godin.
Schierato con un 4-3-1-2 iniziale, il Milan nel corso della gara è passato al 4-3-3 probabilmente per facilitare Suso nella ricezione e nelle sue giocate favorevoli e più incisive di taglio verso il centro del campo palla al piede, da cui è scaturita un’occasione intorno al settantesimo minuto. Di conseguenza è stato favorito un attacco a 3 rispetto a quello 2, con Suso e Rafael Leão partenti da una posizione parecchio larga rispetto a Piątek, che nel secondo tempo si è perso tra le maglie del terzetto difensivo interista. dopo un primo tempo comunque anonimo. Leão ha mostrato buone abilità nell’1 vs 1 soprattutto nel primo tempo, in cui ha creato qualche problema di contenimento su D’Ambrosio, costretto alcune volte al fallo, seppur non abbia inciso concretamente nella creazione di occasioni da gol anche per una prestazione magistrale da parte di Godin, che ha fatto prevalere da quel lato posture e fisicità tipiche del difensore centrale puro.
L’avvicendamento di Biglia e Çalhanoğlu nella ricezione della palla con il turco a ricevere e l’argentino ad alzarsi in verticale ha donato inizialmente maggiore fluidità nella circolazione della palla, ma non è stato applicato con costanza durante la partita; si voglia anche per una prestazione anonima da parte del turco che è riuscito a toccare pochi palloni ed essere spesso assente dalla manovra.
L’ingresso di un propositivo Theo Hernández è avvenuto troppo tardi e in una fase di gioco in cui il Milan era soggetto a scollature che l’Inter è riuscita ad approfittare in transizione; i pericoli maggiori sono arrivati dal lato di Conti, risultato spesso in ritardo rispetto alle discese dei giocatori dell’Inter, che sulla fascia sinistra sono riusciti a creare superiorità numerica.

Una questione di responsabilità
Antonio Conte nelle recenti conferenze stampa ha parlato spesso della responsabilità che avverte relativamente alla sua posizione. Si percepisce in maniera netta come sia un messaggio da trasferire ai suoi giocatori e di come attenda risultati sotto il punto di vista accennato sopra, ovvero l’aspetto mentale e comportamentale, l’assunzione da parte di ciascuno di loro dello stesso peso che lui avverte. La responsabilità è un tema centrale per i trascorsi della recente storia dell’Inter, e che richiede un’inversione di tendenza da parte di alcuni dei giocatori dell’attuale rosa; si voglia per l’esperienza personale accumulata nel campo, si voglia per l’adattamento ad un nuovo impianto di gioco e si voglia anche per un salto personale per le rispettive, singole carriere. La prestazione di Godin ne è l’esempio: un giocatore arrivato da bandiera dell’Uruguay di Tabarez e dell’Atletico di Simeone, umile e leader, al servizio della squadra, che tanto sta sorprendendo in una zona di campo da lui mai ricoperta, soprattutto nella fase di impostazione del gioco. Lui è l’esempio che serviva a questo nuovo corso, per consentire ai più giovani di crescere e per supportare i reduci dalle scorse annate nell’espressione piena a livello mentale e a livello d’esecuzione nel campo del proprio potenziale.
Romelu Lukaku è l’altro esempio di leadership di questo nuovo corso. Diversa la sua situazione rispetto a quella di Godin: arrivato come l’investimento più oneroso dopo diversi anni e con parecchi pregiudizi sul suo stile di gioco, è risultato sin da subito un trascinatore non solo a suon di gol, ma soprattutto a livello di atteggiamento. Al di là della montatura settimanale da parte della carta stampata, il Gigante Buono ha mostrato sin da subito di essersi calato appieno in una nuova sfida, tra l’altro non semplicissima dopo le ultime annate del Manchester United, in cui è stato comunque prolifico. La preferenza di Conte ha sicuramente agevolato il suo inserimento, ma dalle parole espresse in intervista e nel quotidiano attraverso i social, il messaggio di Lukaku è sempre quello di unione e coesione verso la squadra, volto a favorire l’amalgama che da parecchio manca, a margine anche delle vicende che hanno influenzato il gruppo negli ultimi anni e che hanno escluso da questo progetto tecnico Nainggolan e Icardi per motivi disciplinari, oltre a Perisic che è stato giustificato con una scelta tecnica più che morale seppur nella scorsa annata al centro di discorsi di mercato.
La compattezza del gioco passa per la compattezza del gruppo e attraverso l’impegno del singolo nell’espressione del meglio, come persona e, di conseguenza, come giocatore. L’annata appena iniziata prevede un susseguirsi di sfide già decisive per indirizzare le motivazioni e le aspettative, motivo per cui la maggioranza ha inteso quello con lo Slavia Praga un passo falso. Ma è in realtà un passo necessario, senza cui non si sarebbe percepita la crescita immediata di questo derby.
Un pensiero riguardo “Milan 0 – 2 Inter: il derby della responsabilità”