La rinascita di Joao Mario

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Il portoghese sta trovando sempre più spazio nelle rotazioni del centrocampo interista.

E’ il 28 Agosto 2016 quando João Mário Naval da Costa Eduardo, d’ora in poi semplicemente JM, si presenta a San Siro per assistere al match tra la sua futura squadra, l’Inter, e il Palermo. C’è aria di festa, nonostante il pubblico non sia quello delle grandi occasioni. I nerazzurri accolgono quello che è il secondo acquisto più costoso della loro intera storia. Siamo verso la fine dell’estate ed un sole, che più giallo non si può, batte su Milano. Giallo come il colore che mai come prima la fa da padrone tra il molto nero e il poco azzurro della divisa home 2016/17. Giallo, colore che meglio rappresenta quell’intera stagione. Tanti attori protagonisti o presunti tali, tutti che decidono e nessuno che comanda. Il pastrocchio è presto fatto.

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La sintesi di quell’Inter-Palermo in cui Joao Mario salutò per la prima volta il pubblico interista.

Un storia travagliata

Un protagonista annunciato o quasi, sembrava dovesse essere proprio lui, JM, che parte anche bene. Buona la prima in trasferta a Pescara, raggiunge il suo picco stagionale nel match clou di metà Settembre in casa contro la Juventus (come del resto tutta la squadra). Sembra possa essere l’inizio di una storia speciale, ma che rimane il più grande “What if…” degli ultimi anni nerazzurri. Paradossalmente, però, quel periodo così, caratterizzato da insicurezze e dubbi, una certezza ce la lascia. JM è una mezzala. Non un trequartista assaltatore alla Nainggolan né tantomeno un attaccante esterno. Il collante ideale tra un mediano e un centrocampista più offensivo. Eppure, nei mesi successivi, lo si è visto troppo spesso errare in quello spazio sotto la punta, incapace di cambiare ritmo e rendersi pericoloso in zona goal. Purtroppo questo è l’equivoco che spesso e volentieri si portano dietro giocatori come lui, dove la polivalenza rischia di diventare un difetto e non un pregio. JM vittima delle scelte degli altri e del contesto ma anche di sè stesso. Del deprimersi alla prima difficoltà, del non voler accettare l’idea di contendersi il posto, del rassegnarsi allo svolgimento naturale delle cose. Sembrava ormai fosse diventato anche lui un giallo come quella assurda annata li. La stagione 2018-2019 inizia con i postumi di un mondiale giocato con la maglia del suo Portogallo. L’avventura dei campioni d’Europa però termina piuttosto prematuramente quando, agli ottavi di finale, Edinson Cavani e il suo Uruguay battono i lusitani per 2 a 1. JM durante la manifestazione non brilla ma lascia il segno in sala stampa dove afferma di essere assolutamente deciso a non tornare all’Inter. Dichiarazioni che lo resero ancora più impopolare tra il tifo interista.

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Il gol sbagliato nel derby di Coppa Italia grida ancora vendetta.

Sembra che il divorzio tra le due parti sia solo questione di tempo. Ma i giorni passano e, come consuetudine, il mercato dell’Inter in uscita ristagna. Per JM si parla di Liga, di Premier League con il Wolverhampton in pole position. Ma Agosto termina e JM è ancora un giocatore dell’Inter. Il portoghese aveva già ripreso ad allenarsi ad Appiano Gentile e, a suo malincuore, dovrà continuare a farlo per i mesi successivi. Le giornate di campionato passano e JM non colleziona neanche un minuto. Finché si arriva alla trasferta di Roma contro Lazio. In quella serata la pioggia cade copiosamente sulla Capitale. Il giallo accecante di San Siro di 2 anni prima è solo un ricordo. Durante tutto questo tempo il portoghese ha cambiato due volte numero di maglia ed è stato ceduto in prestito per sei mesi al West Ham. Luciano Spalletti decide che la sua avventura all’Inter ripartirà da qui. E JM risponde presente. Si sblocca definitivamente all’ottavo quando ruba palla a Badelj e avvia un rapido contropiede, dove per poco Icardi non la butta dentro.

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Le sue caratteristiche lo rendono più a suo agio nelle situazioni in cui gli viene richiesto di accompagnare le fasi di pressing in zone alte del campo.

Da lì in poi gioca un partita semplice, fatta di tanti aiuti in appoggio ai compagni, qualche altro recupero difensivo e contropiedi gestiti un po’ frettolosamente. Quando abbandona il campo ad inizio ripresa la Nord lo applaude, segnale di una tregua fino a quella sera inaspettata. Trascorrono 5 giorni e JM parte nuovamente titolare in casa contro il Genoa. E’ un tripudio. Un gol, 2 assist, 4 passaggi chiave e il 92% di passaggi riusciti. JM corre felice e San Siro si stropiccia gli occhi. Vuoi vedere che…? Il campionato dell’Inter riprende il 24 novembre, dopo l’ultima sosta per le nazionali del 2018, e JM gioca l’ultimo quarto d’ora in casa contro il Frosinone per poi riappropriarsi di una maglia da titolare nei big match contro Roma e Juventus. Spalletti ora ha fiducia in JM e lui la ripaga, fornendo due prestazioni più che sufficienti contro avversari di rango. Il 15 dicembre deve ripartire dopo la cocente eliminazione dalla Champions League e Spalletti sceglie ancora lui. Prestazione nuovamente convincente, dove il numero 15 nerazzurro inizia anche un po’ a sciogliersi, libero finalmente di sprigionare quella creatività fin qui sin troppo repressa. Come quando al 61esimo duetta con Politano al limite dell’area di rigore, disegnando un arcobaleno che libera l’esterno italiano al limite dell’area. L’Inter vince e lui sembra totalmente recuperato.

Che giocatore è e dove può migliorare

Queste ultime apparizioni positive ci hanno consegnato, comunque, un giocatore non molto diverso da quello delle scorse due stagioni. Perché allora il giudizio sulle sue prestazioni è così cambiato?

  1. Il contesto. Checché se ne dica, Spalletti durante questo anno e mezzo ha lavorato bene e l’Inter assume sempre di più i connotati di una squadra meno timorosa e isterica, capace di fare la partita anche contro avversari sulla carta più forti, come testimoniato dalla recente trasferta allo Stadium. La squadra occupa il campo razionalmente e il portoghese ne trova giovamento.
  2. La posizione. La certificazione di JM nel ruolo di mezzala è quanto di più buono potesse capitargli. Sia per indicazioni dell’allenatore che per propria inclinazione, infatti, tende ad allargarsi fin quasi a toccare la linea laterale, duettando nello stretto con gli esterni, offensivi e difensivi. E’ in queste situazioni che dà il meglio di sè, proteggendo il pallone e roteando sullo stesso per poi scaricarlo tempestivamente al compagno più vicino.
Come si può apprezzare da questa passmap, la presenza del portoghese tende a facilitare le connessioni con le ali, soprattutto con Politano che è il più associativo degli esterni a disposizione.

Un aspetto, poi, che lo rende unico nel panorama dei centrocampisti nerazzurri è quello riferito ai dribbling. Joao Mario, infatti, si classifica al secondo posto tra i nerazzurri che saltano più volte l’uomo. Il portoghese compie 2.8 dribbling per partita, dietro solo a Keita (3.3) e davanti a Politano (2.7). In questo caso, quindi, il suo contributo diventa fondamentale per aggiungere imprevedibilità alla manovra e creare quella superiorità numerica che difficilmente i nerazzurri riescono a conquistare nelle fasi di attacco posizionale.

Detto questo, le aree di miglioramento sono evidenti. Il contributo in zona gol è forse l’upgrade che gli manca. Le sue conclusioni, soprattutto quelle da fuori, sono quasi sempre fiacche e prevedibili, figlie di una cattiva coordinazione dettata a sua volta da un modo di correre palla piede sin troppo rigido, per quanto elegante. Complice anche un Icardi più dedito ad abbassarsi e a partecipare alla manovra della squadra, JM potrebbe incrementare il proprio apporto di reti avvicinando la distanza dei suoi tiri, cercando di farsi trovare più spesso in area di rigore.

Anche la rifinitura merita un piccolo focus. Le sue verticalizzazioni sono spesso sbrigative e, ad un più semplice e preciso utilizzo del collo interno del piede, JM preferisce colpire il pallone con la parte più esterna.

Joao Mario potrà, quindi, beneficiare di un progetto tecnico più solido rispetto a quello di qualche anno fa, per mettere, finalmente, a disposizione della squadra le sue qualità migliori.

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