Inter-Psv Eindhoven: Essere o non essere

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“Essere o non essere?” si chiedeva Amleto, e viene il dubbio che il dilemma shakespeariano sia stato nella testa di giocatori e tifosi sin dall’anticlimatica sconfitta di Londra con il Tottenham. Si è una grande squadra o non lo si è? Si vuole o non si vuole diventarla? Quando sorge il dubbio, si ha già la risposta. L’Inter, questa Inter, purtroppo non lo è. Quantomeno non ancora, ma sicuramente non con questa rosa.

Le premesse di una serata sconfortante si registravano già nel pre-partita. Inizialmente ci si preoccupava più per la formazione messa in campo dal Barcellona che non sulla nostra gara. Dare per scontata una vittoria, anche se contro una squadra già eliminata da tutto, è cosa da grandi squadre, non da squadre che devono ancora dimostrarlo. Così la sensazione era che si sperasse nella vittoria del Barcellona, di modo che noi non fossimo più costretti a vincere. Ci si fida ancora poco dell’Inter: troppe le delusioni negli anni passati, solo parzialmente risarcite da un quarto posto da cinema.  Ecco perchè, nonostante un San Siro ancora pieno, era palpabile la sensazione di ineluttabilità, di tragedia greca in cui il protagonista cade attorniato dal coro.

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L’atmosfera del Meazza. Credits: Sito ufficiale Inter.

Dal sogno all’incubo

Se la lettura delle formazioni dà qualche brivido ai tifosi, con il poco amato Candreva addirittura da titolare dopo oltre un mese e mezzo di naftalina, i primi 10 minuti di match sono rassicuranti. Tanta determinazione, lucidità e un palo, condito dalla splendida notizia del vantaggio del Barcellona, salutata con un’ovazione dal popolo nerazzurro. Così Politano (sicuramente l’interista che ci ha provato di più: 3 tiri, 5 dribbling tentati, 5 passaggi chiave) spinge ancora di più sull’acceleratore, Brozovic pressa con ordine e Icardi svaria come mai ha fatto in carriera. Tutto ciò fino al patatrac. Asamoah commette il gravissimo errore di giocare a pallone invece che a calcio, finendo per regalare il gol al PSV.

L’incubo materializzatosi in Lozano travolge la squadra, fino ad allora irreprensibile, e la trasforma in un disordinato alveare senza logica, in cui posizioni in campo e idee vengono a mancare. Se un minuto dopo, in seguito ad un altro incredibile errore del ghanese, non ci si trova sotto 0-2 e in pieno psicodramma, lo si deve ad Handanovic. Quello che stupisce me e tutti i componenti della tribuna è come l’Inter si sia malamente scomposta nonostante un avvio assolutamente incoraggiante: le trame di gioco e la concentrazione messe in mostra precedentemente si liquefanno all’istante per lasciare il posto ad un’irritante entropia. Imprecisioni a pioggia, panico da giocata, confusione sono termini utili per descrivere la reazione allo svantaggio (svantaggio, ricordo, assolutamente casuale). Il primo tempo scorre così abulico, senza idee, senza coraggio e soprattutto senza logica: un’idea può essere sbagliata ma può essere sempre un’idea; se viene invece a mancare la logica, è il caos. L’unica arma che i nerazzurri riescono a sfoggiare è quella dei cross: se ne potranno contare 39 al termine della gara (17 solo di Politano) con una precisione del 35%.

La passmap evidenzia i principali difetti della manovra nerazzurra: se è vero che il sovraccaricamento della fascia destra costringeva uno dei due centrali avversari ad uscire facendo saltare le marcature, questo si rivelava totalmente inutile perché nessun giocatore,oltre a Icardi, riusciva ad occupare l’area e a fungere da raccordo tra centrocampo e attacco.    

Durante l’intervallo, in tribuna ci si interroga sulla natura folle di questa squadra. Perchè la logica, sempre la maledetta logica, deve essere così estranea all’Inter? Perchè si è così incapaci di interpretare i momenti di una partita o di un’intera stagione? Alcuni imputano a Spalletti di essere troppo timoroso e sparagnino nei momenti chiave; altri ai big, o presunti big, della squadra di non saper essere trascinatori. Sono entrambi motivi validi, mi permetto di aggiungere. Quando il gioco si fa duro, ma veramente duro, questa Inter sembra avere un limite: quello di accontentarsi. Si perde a Londra? Ci sta, ma siamo stati all’altezza. Si perde a Torino? Ci sta, e comunque li abbiamo messi in difficoltà. Si arriva terzi in Champions? Ci sta, il girone era durissimo e nessuno credeva che saremmo stati in corsa fino alla fine. A furia di trovare giustificazioni, vengono a mancare anche le motivazioni, quella voglia matta di convincere tutti che si è qualcosa di più di una squadra in ripresa, una squadra che nessuno vorrebbe affrontare.

Attacco e ritirata

In questa atmosfera un po’ dimessa, l’Inter rientra in campo mancando di un soffio il pareggio che avrebbe riacceso la sfida: Zoet, indisponente sin dall’inizio per le sue perdite di tempo, mura Icardi quando ormai l’1-1 sembrava cosa fatta. San Siro torna a crederci, pur sempre memore che il Tottenham sta cadendo a Barcellona. La squadra invece, tolti alcuni elementi, torna ad interpretare la partita del primo tempo: poca intraprendenza, poco coraggio, tanto fraseggio sterile e rarissimi tiri da fuori. Dopo una decina di minuti, si iniziano ad invocare i cambi (“Manca mezz’ora e non abbiamo fatto un cambio”): al 55’ entra Keita Balde al posto di un volenteroso ma fumoso Candreva, mentre al 69’ appare in campo un atteso Lautaro Martinez al posto del disastroso Asamoah. L’Inter si schiera a 3 in difesa con Perisic esterno a tutta fascia, con Politano in veemente pressione sul terzino olandese. E’ proprio dall’esterno romano, in serata ispiratissima a compensare l’asfissia creativa dell’ala croata, che nasce il gol del pari: cross sul secondo palo a trovare solo Icardi, liberato anche dalla presenza di Martinez, a riprova del fatto che il coraggio, anche quando forzato, paga.

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Il colpo di testa di Maro Icardi che ha regalato il pareggio ai nerazzurri. Credits: Sito ufficiale Inter.

San Siro esplode e non c’è freno all’entusiasmo: la gente in tribuna si abbraccia, torna a credere alla qualificazione, in quel momento virtualmente raggiunta, e spinge per la vittoria. Il momentaneo 1-0 del Barcellona sul Tottenham non tranquillizza nessuno, soprattutto in virtù del primo posto matematico già acquisito dai catalani. Se la tifoseria crede nel bottino pieno, la cosa non succede in campo. Trovato il pari, infatti, l’Inter decide inspiegabilmente di tirare il freno a mano e di gestire il risultato. Il Psv, alle corde nei minuti prima del pari, torna a respirare, e ha ulteriore motivo per farlo quando Spalletti, preoccupato dalla presenza di 3 punte più un’ala d’attacco, sostituisce Politano con Vrsaljko, ristabilendo il precedente schieramento a 4. Si tratta di una scelta discussa e discutibile: è vero che l’ex Sassuolo era a corto di fiato, ma è pur vero che era il giocatore più incisivo in fase d’attacco e che trattandosi della partita clou, si potesse chiedergli uno sforzo finale. L’ingresso di Vrsaljko, quindi di un giocatore difensivo, fa arretrare la squadra, toglie un riferimento in avanti e manda il segnale di limitazione dei danni. La strategia non tiene conto però della matematica: quando il Tottenham riequilibra il match con Lucas Moura, l’Inter ripiomba nell’incubo. A poco occorrono i disperati e tardivi sforzi finali: il Psv si difende con ordine mentre l’Inter, sebbene Martinez mandi oltre la traversa il pallone del 2-1 a 30 secondi dalla fine, non riesce a trovare il bandolo della matassa.

La delusione è feroce. Talmente feroce che al fischio finale di un arbitro fin troppo English-style il pubblico rumoreggia. Può sembrare ingeneroso, ma è comprensibile l’amarezza dei tifosi. L’Inter ha disputato 3 partite inspiegabili in una sola serata: con volontà e determinazione dal 1’ al 15’; dopo lo 0-1, ha giocato come se si fosse nell’ultimo quarto d’ora; dopo l’1-1, a 15 minuti dal termine, ha preferito una partita di gestione ed attesa. La leggerezza nella lettura della partita è una spada di Damocle che pesa come un macigno su Spalletti e gran parte dei giocatori. Questa amarissima eliminazione dovrà servire da lezione a tutto l’ambiente, soprattutto in vista di una competizione come l’Europa League che non ha mai riservato all’Inter grandi soddisfazioni negli ultimi anni. Viverla come un problema sarebbe un grave errore di mentalità che questa Inter non può assolutamente permettersi. Il tifo nerazzurro sarà sempre al fianco della squadra, come lo è stato negli ultimi terribili anni e come lo è stato in questo altalenante scorcio di stagione. Quello che conterà da adesso in poi è una presa di responsabilità e di consapevolezza dei propri limiti: la stagione non è neanche a metà, e ci sono ancora ampie possibilità di togliersi delle soddisfazioni. “Essere o non essere? Questo è il dilemma.” Forza Inter!

 

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