Il pareggio contro il Parma arriva in una circostanza che non ancora si può definire ghiotta per i conti in tasca a questo punto della stagione, ma sicuramente un’occasione favorevole visto il pareggio della Juventus nel pomeriggio. L’interesse in un caso come questo, contro un avversario preparato ed in forma come il Parma, era focalizzato su come l’Inter avrebbe reagito dal punto di vista dell’attitudine rispettivamente a quanto preparato nel piano gara, con l’occhio alla possibilità di rimettersi davanti all’attuale capolista.
L’atteggiamento, nella somma finale, è stato quello giusto: la grinta non è mancata, anzi è stata fondamentale per riacciuffare un Parma guardingo e pronto a cogliere le occasioni create in maniera reattiva, arrivando a capitalizzare 0,86 gol attesi (xG) in due gol arrivati da due transizioni positive – situazione tattica su cui il Parma ha impostato il suo piano a San Siro -. Seppur non sia bastata per portare a casa una partita dominata nei fatti, non capitalizzata per una gestione non oculata del vantaggio di Candreva e dei restanti minuti del primo tempo.
Possesso Inter: le difficoltà del 1° tempo
La formazione di partenza è stata una risposta del mister Antonio Conte all’esigenza di turnover causa impegni ravvicinati, sia passati che futuri – si ricorda il turno infrasettimanale con il Brescia martedì e successivamente di nuovo sabato 2 Novembre alle 18 contro il Bologna. Se la rotazione del terzetto difensivo risulta più agevole, quella del centrocampo è quasi costretta dall’assenza di Sensi, presenza fondamentale nelle partite in cui è stato impiegato; eppure la rotazione della prima linea non ha convinto e il perché risiede nell’assenza di Stefan De Vrij.
La partenza di Godin in posizione centrale, con Skriniar e Bastoni a completare la prima linea, ha incontrato un ostacolo nella densità sul portatore creata dal Parma nel primo tempo, che riusciva a chiudere l’uscita del pallone attraverso un’uscita a uomo, in cui determinante è stata la posizione di Kulusevski su Brozovic.


Inoltre, quando Brozovic è riuscito in alcune occasioni a posizionarsi sulla stessa linea di Godin, assumendo una posizione frontale rispetto alla porta avversaria e lasciando la consueta posizione di appoggio spalle alla porta, emergeva uno spazio in cui nessuno dei centrocampisti in campo aveva l’abilità di agire per ricezione, abilità tecnica e lettura spaziale.

L’azione dell’Inter si è sviluppata spesso per vie esterne, soprattutto sulla fascia destra con le sovrapposizioni di Gagliardini in ausilio di Candreva; meno sulla fascia sinistra, in cui Biraghi è stato spesso indotto a ripartire da dietro. Lo sviluppo centrale è cosa nota: si cerca la sinergia tra Lukaku e Lautaro, in cui vicendevolmente ci si scambia il ruolo di sponda per penetrare la linea difensiva (cosa avvenuta raramente nel primo tempo).
Il gol arriva da palla inattiva:
in maniera piuttosto rocambolesca, laddove Candreva raccoglie una palla vagante in uscita verso il limite dell’area, deviata da due giocatori del Parma prima di spiazzare Sepe.
La reazione del Parma: Karamoh, Gervinho e Kulusevski al servizio delle feroci transizioni
La gestione del vantaggio non è delle migliori, conseguenza anche dei minuti di gioco fino al gol non dei migliori disputati dall’Inter in questa stagione. Il Parma difficilmente riesce ad effettuare un’uscita pulita del pallone da dietro, grazie ad un pressing oramai consolidato da parte dell’Inter sull’impostazione avversaria, ma punge nella maniera più pericolosa: in riconquista della palla, innescando transizioni positive in cui il trio sopra citato riesce a sfruttare i meccanismi della difesa interista non ottimali, soprattutto nello scivolamento causato dal repentino aggiustamento che una transizione da perdita del possesso richiede.

Come nella partita di Champions League contro lo Slavia Praga, l’Inter viene imbrigliata nella fase di costruzione attraverso un costante pressing sugli uomini chiave; a pagare le spese, come in quella occasione, è Brozovic che, costantemente pressato come in questa occasione da parte della marcatura di Kulusevski, è costretto ad un passaggio “sporco” verso Godin intercettato da Karamoh che andrà a concludere con un gran gol l’occasione successivamente proposta dall’immagine.

L’Inter non risulta in grado di gestire le trame di questi minuti di gara e, su una palla lunga dopo riconquista nella propria metà campo da parte del Parma, incorre in un nuovo errore, con Karamoh questa volta in pressing su Brozovic che innesca la transizione sul secondo gol di Gervinho.

Due errori su pressione del Parma, due gol, a testimonianza di una sovra-performance della prestazione del Parma rispetto alla pericolosità delle sue azioni come anticipato in apertura del presente articolo; sufficienti e letali però nell’economia della partita.
2° tempo: l’Inter si rimette in carreggiata
L’Inter che rientra in campo nel secondo tempo è un’altra. Maggiormente propositiva, attraverso un ritmo più alto e una linea di difesa altrettanto più avanzata, complice anche una svolta necessaria: il cambio Godin-De Vrij.

Non risulta un caso che l’Inter torni padrona del proprio equilibrio e del pallino della gara nel momento in cui l’olandese si riposiziona al centro del terzetto difensivo, laddove l’uruguaiano non era mai stato impiegato. Le trame del gioco vedranno sempre il ricorso alle corsie esterne causa la densità centrale del centrocampo parmense, di cui va segnalata la solidità; infatti il gol del pareggio di Lukaku avverrà proprio su una giocata in ampiezza.

L’Inter sarà un tamburo da qui al ’97, con l’ausilio dei nuovi subentrati Politano ed Esposito al posto rispettivamente di Gagliardini e Lautaro, ma non riuscirà ad affondare il tanto sperato colpo finale per raggiungere la vittoria.
La tanto invocata qualità
L’Inter ha avuto il dominio spaziale del campo attraverso un gioco che è risultato più fluido e più incisivo nel secondo tempo, arrivando a produrre 16 tiri totali contro i 10 del Parma e raccogliendo comunque poco rispetto a quanto prodotto. Il Parma, dal canto suo, ha messo in pratica a tratti un dictat tipico di José Mourinho, secondo cui le partite si possono dominare anche senza il possesso del pallone (35% per i gialloblù).
L’assenza di Sensi pesa parecchio sulla qualità complessiva di questa rosa che, a posteriori, necessitava di un innesto a centrocampo sin dalla scorsa estate. Considerando l’utilizzo di Vecino e Borja Valero, risulta chiaro come Conte non punti esplicitamente ad un loro continuo impiego, soprattutto per quanto riguarda lo spagnolo; sino ad ora, inoltre, il centrocampista uruguaiano non ha mostrato lo strappo necessario per incidere sulle partite, mostrando la consueta discontinuità che ha caratterizzato le sue precedenti annate neroazzurre, in cui è stato pedina di diverse posizioni dello scacchiere del centrocampo: dalla mezzala al centrocampista avanzato in supporto della punta.
Per il sottoscritto, il gap da chi occupa la posizione più alta è chiaro: la profondità di rosa abbinata alla qualità è un fattore chiave, spartiacque di una stagione che si sta rivelando sin dai primi mesi potenzialmente importante. La sessione di mercato invernale, lato economico permettendo, dichiarerà cosa l’Inter vorrà essere: continuare a preservare e consolidare un posto tra le prime 4 oppure ambire a qualcosa in più.
La vittoria non è solo questione di testa, uno dei fattori su cui il lavoro di Conte ha un marchio di fabbrica ed è ben evidente, ma sarà una questione di piedi.